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domenica 29 ottobre 2017

Si dispensa dalle visite




Il cordoglio (dal latino cor-dolium - doglia che ferisce il cuore) è il processo di reazioni o il travaglio interiore sperimentato da chi vive una perdita. Elemento centrale del cordoglio nelle società popolari è il pianto e il lamento funebre rituale, le cui tracce si perdono nella notte dei tempi Una volta diffuso più o meno in tutti i paesi d'Europa e del Mediterraneo, oggi è decisamente decaduto ed è confinato, in Italia, a rarissime aree interne della Basilicata (le "Prefiche lucane"), della Puglia, della Calabria, della Sardegna e nel centro-Nord, con modalità abbastanza diverse e non tutte con l'accezione arcaica del termine.
Già nell'antica Grecia si ricorre, per i funerali, alle donne specializzate nel piangere che esaltano, a chiome sciolte, i meriti del defunto: un rituale che svolgono con voce malinconica, spesso tirandosi via dalla capigliatura copiose ciocche. L'uso è citato da Omero nell'Iliade quando narra dei singhiozzi di Briseide sull'ucciso Patroclo, oppure quando descrive l'atroce spettacolo del cocchio di Achille che trascina il corpo di Ettore.
Anche nella Roma classica, le lamentatrici, chiamate Prefiche, hanno una parte importante nel corteo funebre, dove seguono i portatori di fiaccole levando altissime grida di dolore alternate alle lodi del defunto (Neniae o Mortualia). Risale proprio a questa civiltà il nome dato a queste lamentatrici.
Infatti, il termine "prefica" deriva dal latino praeficere, ovvero stare a capo, guidare. In questo caso, guidare il pianto: tanto che lo storico latino Festo, le definisce «donne chiamate a lamentare il morto che danno alle altre il ritmo del pianto». L'uso delle lamentatrici e del lamento funebre fu proibito, nei suoi eccessi, a Roma dalla legge delle XII tavole.

La lamentazione, la gestualità, proprio perché fatta da professioniste del pianto, sembrerebbe nascondere, più che un vero e proprio dolore verso il defunto, un'operazione apotropaica di allontanamento della morte.
Anche il rito di chiudere gli occhi al cadavere, legato certamente alla pietà verso il defunto, ha soprattutto - si crede - la funzione latente di difendersi dalla sua pericolosità oggettiva, poiché gli occhi aperti potrebbero contagiare e attrarre alla morte i superstiti.

Molti sono i riti funebri che l'antropologia ha studiato e spiegato. Essi vanno dalla vestizione del morto, al già riferito pianto rituale; dalla morte reale alla morte metaforica (con la sospensione della vita domestica, la trasformazione dell'abitazione del defunto in funzione del morto durante i giorni della veglia funebre, il lutto dei parenti superstiti); dalla veglia funebre, intesa come dimensione privata del lutto, ai funerali, interpretati come dimensione pubblica del lutto. Rituali, questi, che servono principalmente per favorire il passaggio della persona estinta da defunto a morto, ossia dallo status negativo di corpo senza viva che può contagiare, a quello positivo di antenato che vigila sulla famiglia. Relegati i funerali in forma privata, nel chiuso dei cimiteri, dimenticato spesso il cordoglio pubblico (nei manifesti funebri di frequente si legge: "si dispensa dalle visite"), la morte assume, nel mondo contemporaneo i tratti di un evento indifferibilmente presente, ma accuratamente negato, rimosso o, ancor più gravemente, travestito da un incomprensibile e impietosa quotidianità.
Ecco, allora, che quel sentimento di familiarità con la morte si affievolisce sempre di più. La ritualità e il culto che ne contraddistinguono il sentimento, scompaiono. La morte diventa, nella società globalizzata, un tabù e al morente è negata finanche la verità sulla sua condizione di persona che sta per abbandonare questa vita. Anche i riti funebri si svuotano della loro carica drammatica e simbolica.

Il lutto rigido è ormai considerato uno stato sproporzionato che si deve abbreviare e cancellare nel più breve tempo possibile. Dopo l'allontanamento dei morti dal luogo dei vivi (le sepolture passarono dalle chiese a luoghi specifici fuori la cinta muraria della città), imposto dalle leggi napoleoniche nel 1804, ora sembra indebolito anche il legame sociale e culturale con i defunti.

Indubbiamente la società post-moderna ha spensieratamente indebolito la propria capacità di mettere a fuoco il grande tema della morte, argomento che ha alimentato per millenni, come abbiamo studiato, lo sviluppo delle civiltà, ma rimuovendo il pensiero della morte, arrivando finanche a banalizzarla, innegabilmente svalutiamo il dono che è la vita.I funerali variano molto nel loro svolgimento, nei loro significati, nei loro simboli: in alcune società, per esempio, il simbolo del lutto è il nero, in altre il bianco ‒ per esempio nell'induismo e nel mondo islamico (Islam). I riti funebri presentano tuttavia alcuni tratti comuni. Ovunque essi riuniscono il gruppo in cui la morte ha creato un vuoto; consentono una espressione controllata del dolore; sono manifestazioni concrete delle credenze religiose di chi vi partecipa; infine essi forniscono l'occasione di ricordare il defunto e, insieme, di congedarsi da esso e dal suo corpo. In molte società esistono poi riti e forme di culto dei morti successivi al funerale. Possono essere legati alla memoria di una singola persona (come gli anniversari) o alla collettività dei defunti, come avviene nel giorno dei morti celebrato dai cristiani il 2 novembre, istituita da Cluny tra il 1024 e il 1033, punto chiave di quella nuova commemorazione liturgica dei morti.












domenica 18 dicembre 2016

Una storia di Natale

Nel 274 d.C. l'imperatore Aureliano proclamò il 25 dicembre festa del Sole, o meglio, “Festa della Vittoria del Sole” (Dies Natalis Solis Invicti), già festa di antichissime origini egiziane, legata al culto di Mithra, divinità connessa alla luce e alle tenebre.
Anche in questa occasione si scambiavano doni d’ogni tipo. Il motivo per cui la festa del Sole si celebrava in inverno anziché in estate, come sembrerebbe più logico, è semplice: il 25 dicembre cade pochi giorni dopo il solstizio d'inverno, cioè quando le giornate già cominciano ad allungarsi. 
Anche il Natale presenta tutti i caratteri e le manifestazioni dei giorni che segnano l'inizio di un ciclo. La data del Natale nel calendario cristiano fu stabilita nel 337 d.C. da papa Giulio I (in Occidente si festeggia il 25 dicembre, mentre i cristiani d'oriente lo festeggiano il 6 gennaio). Prima di questa data non sembra che sia stata conosciuta una festa della natività del Cristo. La festa del 25 dicembre sarebbe stata istituita da papa Giulio per contrapporre una celebrazione cristiana a quella mitraica del Dies Natalis Solis Invicti. L’intenzione del pontefice fu quella di contrastare i culti pagani.

A dire il vero, bisogna affermare che è ormai accertato e confermato da studiosi che hanno rifatto i calcoli astronomici del calendario, che Gesù non sarebbe nato duemila e sei anni fa, bensì circa sette anni "prima dell'anno zero". Tale anomalia si deve al conteggio errato di Dionigi il Piccolo, un monaco del sesto secolo che decise, nella sua esaltazione religiosa, di dividere la storia umana in due periodi: avanti e dopo Cristo. Probabilmente anche sulla data precisa della nascita di Gesù il Nazareno vi sono parecchi dubbi: si suppone che il periodo corretto della nascita di Cristo possa essere quello primaverile. Una data precisa non è in ogni caso stata tramandata (in nessun testo sacro), ma tutto ciò non toglie nulla al significato del Natale.
La raffigurazione della Natività ha origini remote, infatti i primi cristiani usavano scolpire o dipingere le scene della nascita di Cristo nei loro punti di incontro (ad esempio nelle Catacombe).
La prima vera rappresentazione della Natività si ritrova nell'affresco delle catacombe di Santa Priscilla (siamo nel II sec. d.C.), che raffigura la Madonna con in grembo il Bambinello, per la presentazione ai re magi. Accanto si trova un uomo, forse san Giuseppe o, forse, il profeta Isaia, mentre in alto compare una stella ad otto punte.
Nei secoli successivi, sino al quinto circa, molti sono gli affreschi catacombali rappresentanti analoghe Natività o Epifanie. Tra questa produzione ricordiamo il bassorilievo del sarcofago di Adelphia e Valerio a Siracusa, oppure quello di Isacio, esarca armeno in Ravenna, oppure ancora le effigi parietali del III secolo nel cimitero di S. Agnese. Curioso è l'affresco delle catacombe di San Sebastiano (del IV sec. d.C.), dove mancano Maria e Giuseppe ma compare una sorta di mangiatoia con il bue e l'asino. Anche gli affreschi delle catacombe di Pietro e Marcellino e di Domitilla in Roma mostrano delle novità: i magi sono quattro nelle catacombe di Domitilla, mentre in quelle di Pietro e Marcellino sono due.
Comunemente il "padre del presepio" viene considerato San Francesco d'Assisi, poiché a Natale del 1223 fece il primo presepio in un bosco. Allora, Papa Onorio III, gli permise di uscire dal convento di Greggio, così egli eresse una mangiatoia all'interno di una caverna in un bosco, vi portò un asino ed un bue viventi, ma senza la Sacra Famiglia.
Poi tenne la sua famosa predica di Natale davanti ad una grande folla di persone, rendendo così accessibile e comprensibile la storia di Natale a tutti coloro che non sapevano leggere. Nella Cappella Sistina della Chiesa di Santa Maria Maggiore a Roma, si può ammirare uno dei più antichi presepi natalizi. Fu realizzato in alabastro nel 1289 da Arnolfo di Cambio e donato a questa chiesa. Il presepio ha la forma di una casetta, in cui è rappresentata l'adorazione dei Re Magi. Si considerano precursori del presepio anche gli altari gotici intagliati con immagini della natività. Uno di questi altari con il gruppo dei tre Re Magi si trova in Austria nella chiesa di S. Wolfgang nella regione di Salzkammergut. Questo altare venne realizzato dall'artista brunicense Michael Pacher.
Un periodo fiorente di presepi fu il Barrocco. Prime notizie certe di presepi di chiese si rilevano dalla Germania meridionale quando, dopo la Riforma i Gesuiti riconobbero per primi il grande valore del presepio come oggetto di preghiera e di raccoglimento, nonché mezzo di informazione religiosa. I Gesuiti fecero costruire preziosi e fastosi presepi, tanto che quest'usanza si estese velocemente nelle chiese di tutta Europa cattolica, finché ogni comune volle un presepio in ogni chiesa.



sabato 16 gennaio 2016

La merla sfida i mercanti della neve


In Lombardia, ma anche in altre regioni italiane, nel mese di gennaio sono tante le feste popolari dedicate ai santi chiamati “Mercanti della neve” a causa delle abbondanti nevicate che, di norma, si verificano durante questo mese.
“San Máur, un fréd dal diául, sant'Antóni, un fréd dal demóni; san Sebastiän, un fréd da cän”
(San Mauro, un freddo del diavolo; sant'Antonio, un freddo da demonio; san Sebastiano, un freddo da cani).
San Mauro, 15 gennaio, viene celebrato con la vendita sulle bancarelle delle castagne secche raccolte in lunghe collane. Sant' Antonio Abate, 17 gennaio (Sant' Antonio dalla barba bianca, se non piove la neve non manca). Questo grande patrono del mondo contadino è ancora oggi festeggiato con un gran numero di manifestazioni, riti e consuetudini antiche non solo nei paesi della pianura padana: falò, mercatini e benedizione degli animali. I falò che si accendono nella sera della vigilia sono ricchi di significati propiziatori e rimandano alla leggenda che narra come sant'Antonio sia sceso all'inferno per riscaldarsi e rubare al diavolo un tizzone ardente da donare agli uomini: da qui la sua elezione a protettore contro i pericoli degli incendi.
San Bassiano, 19 gennaio, si celebra solennemente a Lodi. In cambio del patrocinio riceve ogni anno l'omaggio dei ceri e dei prodotti della terra, mentre fuori dalla cattedrale romanica la folla si snoda quasi in corteo fra le bancarelle inebriandosi di aromi di vino e di buseca, saporita trippa fumante. San Sebastiano, il 20 gennaio, (San Sebastiän, 'n'úrä in mäan; A san Sebastiano, un'ora in mano.) che annuncia la primavera. San Sebastiano, giovane martire milanese, famoso per la sua bellezza efebica, venne raffigurato da molti insigni pittori legato e trafitto da frecce.
Santa Agnese, 21 gennaio (San Bassan, San Sebastian, Sänt’Agnes l’è duman, Sant’Agnes cûra i laser per la scés; A sant'Agnese la lucertola corre nella siepe) giorno in cui si vuole che le lucertole escano dalle siepi. Attenzione però, a smentire i presagi di primavera, sono in agguato, a fine mese. i giorni della merla. La Merla avrebbe infatti sfidato Gennaio e i suoi tre mercanti..."Oh Ginarun, ta ma spuventi piü cum i tööj Barbuuj, dès che i mej mèrloit jin tüc vuluuj".Oh Gennarone non mi spaventi più con i tuoi tre vecchi Mercanti della neve, ora che i miei piccoli sanno volare...






lunedì 21 dicembre 2015

Alla base della vita




Una cometa all’inizio dell’anno è passata vicino al sole lasciando una scia di alcool etilico e zucchero:  il glicolaldeide; un elemento importante nella formazione dell’Rna, uno degli elementi base per la vita. E ancora una volta le comete si mostrano come possibili elementi che possono aver portato sulla Terra i mattoni della vita. Si pensa che le comete siano dei residui rimasti dalla condensazione della nebulosa da cui si formò il Sistema Solare: le zone periferiche di tale nebulosa sarebbero state abbastanza fredde da permettere all'acqua di trovarsi in forma solida (invece che come gas). Una cometa è un corpo celeste relativamente piccolo, simile a un asteroide ma composto prevalentemente di ghiaccio. In questo periodo dell’anno parlando di comete e delle loro chiome il pensiero corre veloce ed illuminato alla stella di Betlemme è quel fenomeno astronomico che, secondo il racconto del Vangelo secondo Matteo (2,1-12.16), guidò i Magi a fare visita a Gesù appena nato.
La storicità del racconto è discussa. Alcuni biblisti cristiani ne ammettono la veridicità storica. Altri identificano la stella con una triplice congiunzione di Giove, Saturno e Marte verificatasi nel 7 a.C. nella costellazione dei Pesci. Quest’ ultima teoria spiegherebbe meglio come i Magi abbiano potuto capire di doversi recare proprio a Gerusalemme, dato che l'orientamento di ogni stella o evento astronomico rispetto ai punti cardinali cambia continuamente per effetto della rotazione terrestre; solo la stella polare resta fissa. Un evento astronomico naturale, quindi, non potrebbe indicare la direzione da Babilonia a Gerusalemme e infatti solo per il brevissimo tratto fra Gerusalemme e Betlemme (8 km) Matteo dice che la stella "precedeva" i Magi, indicando che essa si trovava in direzione sud nell'ora di approssimata durata dell'ultimo tratto di viaggio.
È stato proposto che la Stella fosse la cometa di Halley, che fu visibile nel 12 a.C., ma questa data non è compatibile con l'opinione corrente della maggior parte degli storici, che datano la nascita di Gesù tra il 7 e il 4 a.C. L'identificazione della Stella con questa cometa è sostenuta, ad esempio, da Colin Humphreys, che la utilizza per datare la nascita di Cristo attorno alla Pasqua del 5 a.C. Una recente ipotesi suggerisce che la stella di Betlemme fosse una supernova o una ipernova, le cui tracce sono state scoperte nei pressi della galassia di Andromeda. La datazione di questo evento non è attualmente possibile, ma potrebbe diventarlo col progresso della tecnologia. Frank Tipler, però, osserva che una supernova in Andromeda spiegherebbe in modo letterale un aspetto misterioso del vangelo di Matteo: il fermarsi della stella proprio sopra Betlemme. Il "fermarsi" indicherebbe il raggiungimento dello zenit, istante in cui la stella cessa di fornire una indicazione direzionale.

Nell'Adorazione dei Magi di Giotto, un affresco della Cappella degli Scrovegni a Padova, è
visibile una stella cometa poggiata sulla capanna dove ha luogo la Natività. Presumibilmente l'idea di dipingere una cometa piuttosto che la classica stella dalla quale si diramano tre punte, simbolo Trinitario, è nata dalla visione della Cometa di Halley al quale lo stesso Giotto avrebbe assistito tra il 1301-1302. E, infatti, noto che il passaggio di questa cometa sia avvenuto più volte nella storia della terra. Infatti, l’'arrivo del 1910 è stato particolarmente rilevante per molte ragioni: non solo è la prima orbita della cometa per cui esistono fotografie, ma è stato anche un passaggio relativamente ravvicinato alla Terra (0,15 UA il 20 maggio del 1910), ha creato spettacolari vedute, e la Terra è passata attraverso la sua coda. Il 13 gennaio di quell'anno, Tolstoj scrisse in merito nel Diario: « La cometa sta per catturare la Terra, annientare il mondo, e distruggere tutte le conseguenze materiali della mia attività e delle attività di tutti. Ciò prova che tutte le attività materiali, e le loro presunte conseguenze materiali, sono prive di senso. Solo ha un senso l'attività spirituale...». Il pensiero negativo del grande scrittore era probabilmente estraneo al potere di dare vita della cometa. E quest’anno??? Eh! Quest'anno il Natale sarà come quello del 1977: con il plenilunio..
Ci saranno stelle cadenti, due asteroidi e una cometa, Catalina, (C/2013 US10) così battezzata perché scoperta da Richard Kowalski durante la Catalina Sky Survey dall’osservatorio vicino a Tucson in Arizona (Usa) il 31 ottobre 2013. La Cometa con 2 code di colore diverso a causa delle polveri e gas che le compongono di natura diversa, sarà splendida e ben chiara nel cielo dalle 2.53 del mattino del 24 dicembre fino a gennaio. Il plenilunio a Natale non accadeva da 38 anni, e la prossima occasione ci sarà soltanto fra 19 anni, nel 2034. E' un appuntamento suggestivo e una coincidenza curiosa e magica, non è un evento frequente considerando che dal 1900 al 2099 i giorni di Natale con la Luna piena saranno appena otto.
Mentre la pioggia delle stelle cadenti Geminidi continuerà per l’intero dicembre. Il vero spettacolo, però, da ammirare con gli occhi al cielo è dato dall’arrivo proprio la notte di Natale dell’asteroide 2003 SD220 che sfiorerà la Terra a 11 milioni di chilometri una distanza pari a 25 volte la distanza della Luna dalla Terra. Buon Natale!