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sabato 3 dicembre 2016

Tromboni stonati per le notizie false su internet

Con il fatto che internet permette di pubblicare qualsiasi cosa con tanta facilità, chiunque può creare un sito nuovo in pochi minuti e dichiarare che pubblica “notizie”, anche se in realtà non fa altro che creare titoli falsi e bufale (hoax) solo per generare visualizzazioni che, a loro volta, alimentano piattaforme di pubblicità come AdSense di Google da cui ricavare soldi.

La rete, in particolare i social, sono il contesto principale in cui la comunicazione fake prevale sulla notizia vera, quella fondata e verificata da soggetti che si fanno tutori di questa attendibilità, avendo come obiettivo prioritario la rappresentazione fedele di quanto accade. Ma nemmeno questo è sempre vero,  spesso la stampa ha preferito utilizzare la notizia come merce di scambio, esaltando il proprio ruolo intermediativo, piuttosto che la cronaca, la sua analisi. 
I dati sulla calante distribuzione dei giornali in Italia sono specchio fedele della situazione e per questo, troppi tromboni che si sono scandalizzati di come lo staff di Trump abbia utilizzato notizie false fatte circolare ad arte su Facebook o su Twitter, hanno perso una buona occasione per stare zitti. 

Sull’alibi “colpa di internet” che molti media tradizionali, i quali sono a loro volta i maggiori produttori di news su internet, si sottolinea che molte notizie false nascono dentro i grandi giornali, altre nascono altrove e diventano note e credute quando le pubblicano i giornali che non fanno le verifiche adeguate.

La novità forse è che cominciamo ad abituarci sempre più a ritenere quello che leggiamo come “notizie” una cosa diversa dalla realtà, ovvero sono cose che leggiamo, come se leggessimo una storia o giocassimo a un videogioco, e che corrispondano a qualcosa di vero non è scontato, e spesso nemmeno importa, tanto non gli credo, e se gli credo è perchè credo anche che Batman salverà il mondo.

Tuttavia, Google non è affatto preoccupata dal fatto che siti di bufale facciano soldi attraverso AdSense, quanto del fatto che non offrono agli utenti niente di concreto in cambio. Sarebbe questa la ragione per cui l’azienda ha appena annunciato che prenderà provvedimenti per ridurre l’uso di AdSense da parte di questi siti. La policy aggiornata di Google impedirà che la pubblicità venga posizionata “su pagine che mal rappresentano, travisano o nascondono informazioni sull’editore, sui contenuti dell’editore o sullo scopo primario”. Piedi d'argilla per un colosso veramente molto grande.

Di recente il dibattito sulle notizie false che circolano sulla rete si è fatto più serrato, soprattutto in riferimento a Facebook che ha permesso a notizie false di diffondersi a macchia d’olio sulla sua piattaforma. L’azienda si è impegnata a cercare di risolvere il problema, ma siccome sono in gioco gli incassi più che la dignità, la soluzione sarà lenta, laboriosa e molto complicata. 

Probabile che qualche "cazzata" sia sfuggita anche dalle nostre penne, non vogliamo mentire  ma ci possiamo sbagliare, e questo purtroppo potrebbe essere detto da chiunque in qualunque momento.

 


 

domenica 2 ottobre 2016

Giuris-prudenza e contrasti non solo interpretativi

I tribunali aggiornano continuamente la casistica che li riguarda e questa attenzione è positiva anche se scombina continuamente le posizioni giuridiche che non si consolidano. A questa situazione devono adattarsi gli avvocati, che necessitano di aggiornarsi su drammi da comunicazione offerti dagli smartphone, con dialoghi via skype, whatsapp e tutte le innovative frontiere tecnologiche che influenzano sempre più spesso relazioni sentimentali e disagi psicologici.
L'avvocato Sabrina Felicioni ci racconta che "Oltre 1/3 delle cause di separazione e divorzio scaturisce dalla scoperta di tradimenti su social o messaggistica. E solitamente diventano le più litigiose. Femmine e maschi si sono ritrovati ad avviare una causa di separazione, dopo aver scoperto su Facebook foto ricorrenti del partner in allegra compagnia. Messi alle strette, il traditore ammette, scatta la rabbia e quando la coppia arriva a dover fare i conti sulla separazione, l'accordo non arriva e si arriva invece anche in cassazione."

Parte in questo modo la causa di separazione giudiziaria, dove le foto di Facebook diventano prove. Il giudice, però, che deve  decidere, potrebbe  chiedere ulteriori elementi per poter addebitare al meglio la colpa della separazione per infedeltà, in questo modo la lite si allunga e si allarga.

La domanda di tutti a questo punto è: il materiale è utilizzabile nella causa, o coperto da riservatezza e quindi tutelato dalle norme sulla privacy? 
Un collegio giudicante, ha decretato che le «informazioni e le fotografie pubblicate sul proprio profilo Fb non sono assistite da segretezza, a differenza dei messaggi scambiati attraverso il servizio di messaggistica (la chat) fornito dal social network da assimilare a forme di corrispondenza privata».Qualsiasi cosa si pubblichi sul proprio profilo, anche se riservato a cerchie ristrette di amici, diventa pubblico, secondo i giudici. Ma il tribunale non si è accontentato, naturalmente, delle informazioni attinte da Facebook. Ha incaricato la polizia municipale di verificare la convivenza della donna, come prova aggiuntiva «tale da escludere il diritto a percepire un assegno di mantenimento». 

L'avvocato Felicioni commenta "Non credo che la rete abbia incrementato le occasioni di crisi nelle coppie. Incrementano le possibilità di conoscenza e di opportunità ma la crisi della coppia è indipendente da questo. Anche la sfacciataggine di pubblicarsi non è un sintomo di modernità e solo un mezzo diverso dal passato, perchè in questo caso le gravi conseguenze non sono poi così impensabili ed improbabili."
Tra tutte queste novità che le corti si trovano ad affrontare ci sono anche vicende controverse,  che in una sentenza della Cassazione del 2013 trova soluzione diversa. Lei e lui si separano, con una decisione che impone all'ex marito il pagamento di un mantenimento di 700 euro al mese per il figlio minore. Lui tenta di ridiscutere l'accordo, addebitando a lei la causa della separazione per infedeltà, adducendo come  prova una mail con la dichiarazione compromettente della moglie al presunto amante. Non ci sono altri elementi ed allora la Cassazione conclude che «il legame si è rivelato platonico, fatto di contatti telefonici o via Internet data anche la notevole distanza tra i luoghi di rispettiva residenza, non connotato da reciproco coinvolgimento sentimentale».Negata dunque la relazione sull'indizio della mail e respinto il ricorso. Nelle decisioni dei giudici, si diffonde la tesi che email, sms, skype sono mezzi di corrispondenza privata e quindi non possono essere violati. Un coniuge che si mette a leggere quei messaggi per portarli al giudice, può essere denunciato per violazione della privacy, ma vi è anche giurisprudenza nuova e contraria, perchè una sentenza di Cassazione del 2015 al dovere di fedeltà, ha aggiunto quello di lealtà, riferendosi ai tradimenti virtuali, chiaramente  in contrasto con quella del 2013.
A questo punto l'unica cosa certa sono le "corna" reali o virtuali che siano, ma siccome non si vedono, pensiamo che non possano essere risarcite come danno biologico, pare invece che nei rapporti di coppia l'unica certezza rimasta sia quella che "è sempre meglio avere un buon avvocato". 














domenica 18 settembre 2016

Nel cerchio di Pluto



I peccatori di incontinenza del quarto cerchio sono gli avari e i prodighi, condannati a spingere enormi massi, divisi in due schiere che quando si incontrano si ingiuriano rinfacciandosi la colpa contraria: la grandezza del peso che li opprime simboleggia la quantità dei beni terreni che accumularono o sperperarono. 

Dal 2011 ad oggi – spiega la Banca d’Italia – sono stati erogati 114 miliardi di euro in meno alle famiglie. Sempre più italiani si vedono negare un finanziamento anche perché risultano cattivi pagatori. Si tratta, cioè, di tutti quelli che hanno pagato in ritardo, o per niente affatto, le rate di un altro prestito. Un condizione che, in questi anni di crisi, può anche rappresenta “la morte civile” per un imprenditore che non otterrà più altri finanziamenti. 
Ogni volta che si accede al credito al consumo (ma anche quando si fa da garante), si viene censiti nei Sistemi di informazioni creditizie (Sic) che raccolgono i dati su tutti i contratti di prestito che banche e finanziarie stipulano con i clienti. Le più note sono Crif, Experian e Ctc. Il compito è chiaro: valutare il merito creditizio e contenere il rischio – attraverso le segnalazioni che gli stessi istituti inviano ogni mese – di concedere nuovi prestiti a quanti non siano in grado di rimborsarli. In sostanza alla Banca d’Italia è stato affidato il servizio di centralizzazione dei rischi creditizi. Essa obbliga le banche autorizzate in Italia, le succursali delle banche comunitarie stabilite in Italia, le società finanziarie appartenenti a un gruppo bancario e gli intermediari finanziari iscritti nell’apposito elenco speciale a comunicare periodicamente l’esposizione dei propri affidati, nonché i nominativi ad essi collegati. 
Questa doppia segnalazione ha lo scopo di sventare il pericolo derivante dalla prassi del c.d. cumulo di fidi, ossia la situazione in cui un soggetto già sovvenuto da una banca ed inadempiente ai propri impegni si rivolge ad un altro istituto di credito per ottenere un nuovo fido. Dal 2005 a disciplinare l’attività dei Sic c’è un “Codice di deontologia e di buona condotta” che dovrebbe tutelare i diritti di quanti risultano censiti, dal momento che possono sempre rettificare, aggiornare e cancellare le informazioni che si rivelino non correttamente riportate. 

Condizionale d’obbligo, visto che nel corso degli anni sono state molte le battaglie intraprese dalle associazioni dei consumatori e dai singoli cittadini che si sono visti iscrivere erroneamente. Basti pensare che le dispute continuano ad affollare anche le aule dei tribunali. L’ultima sentenza emessa dalla Corte di Cassazione (sentenza n° 18555/2013) pochi mesi fa non fa altro che ribadire il “diritto del cliente a ricevere entro 15 giorni una risposta dalla banca con le informazioni contenute nella segnalazione negativa emessa a suo carico”, così come previsto dal Codice. La dottrina inquadra la tematica dell’erronea segnalazione al CRIF nel più vasto tema del danno da informazioni inesatte, quale confine tra la responsabilità contrattuale e quella aquiliana. In particolare, la giurisprudenza di merito ha rilevato la non sufficienza di un singolo inadempimento del debitore e della mera contestazione di un credito quali presupposti per la segnalazione. L’illegittima segnalazione del sovvenuto alla CRIF integra una violazione della buona fede nell’esecuzione del contratto
Detta violazione comporta un necessario risarcimento del danno in via equitativa purchè si dimostrino le conseguenze dannose nella propria sfera patrimoniale. Infine, questo è quanto affermato dal Tribunale di Torino con la recentissima sentenza n. 3651, emessa in data 20.05.2015: « Se pure è vero che – in linea di principio – l’illegittimità della segnalazione eseguita da una banca di per se costituisce un comportamento pregiudizievole per l’attività economica del soggetto illegittimamente segnalato, in special modo ove eserciti attività d’impresa, nonché lesivo della sua reputazione, poiché il discredito che deriva dalla segnalazione genera una presunzione di scarso affidamento dell’impresa con inevitabile perturbazione dei suoi rapporti economici, facendo apparire rischiosi anche gli affidamenti già concessi (analogamente a quanto avviene nell’ipotesi del tutto analoga di illegittimo protesto di una cambiale), occorre però notare che, nel caso in esame, non vi è prova di esistenza del danno da lesione dell’immagine sociale e professionale della persona segnalata, non avendo l’attore dimostrato l’esistenza dell’asserito pregiudizio sofferto e del nesso causale tra esso e la condotta della banca. Pur potendosi ravvisare la potenziale idoneità dell’erronea segnalazione, l’attore non ha tuttavia assolto l’onere probatorio di concreta ed effettiva esistenza del danno, del suo ammontare e del rapporto di causalità con la condotta…»

mercoledì 27 luglio 2016

Infortunio del dipendente non è reato se esperto e formato in sicurezza

Un lavoratore, soggetto particolarmente esperto di sicurezza sul lavoro, tanto da essere nominato responsabile della sicurezza dei lavoratori della sua azienda, decide, forse per fare più in fretta, o comunque incautamente, di fare un lavoro con meno attenzione del necessario, e prendendosi il rischio capita l'infortunio grave, ovviamente datore di lavoro, e responsabili, vengono indagati e poi anche condannati in appello.
La sentenza di primo grado, nell’assolvere i due imputati, osservava come la causa dell’infortunio fosse da addebitare esclusivamente al dipendente, che avrebbe adottato un comportamento “negligente, avventato, imprudente ed abnorme”, mentre la Corte d’Appello avrebbe ribaltato tale pronuncia con un evidente cambiamento nella valutazione dei fatti e delle prove.
Ed il tema arriva, come logico in Cassazione che pronuncia l'annullamento senza rinvio, che assolve i ricorrenti perché il fatto non costituisce reato.
La Corte di Cassazione, nell’accogliere il ricorso ed annullare senza provvedere al rinvio la sentenza impugnata, riconosce l’insussistenza dell’elemento soggettivo in capo agli imputati.

Cosa sarebbe capitato in questo caso: un elettricista esperto cui era stato affidato un lavoro da svolgersi attraverso un elevatore e con una serie di strumenti di protezione di cui era stato correttamente dotato; il lavoratore, soggetto particolarmente esperto di sicurezza sul lavoro, “tanto da essere nominato responsabile della sicurezza dei lavoratori della sua azienda, decide, forse per fare più in fretta, o comunque incautamente, di salire sul tetto per meglio posizionare i fili, percorre il tratto ricoperto da sottili lastre di eternit, che inevitabilmente si sfondano, e precipita al suolo”.
Ad avviso della Corte “nessun rimprovero può muoversi ai responsabili aziendali, in quanto gli stessi si sono legittimamente fidati della professionalità del soggetto cui aveva affidato il lavoro da compiersi”.

Si sottolinea infine un passaggio importante, la Cassazione osserva che “la radicale riforma, in appello, di una sentenza di assoluzione non può essere basata su valutazioni semplicemente diverse dello stesso compendio probatorio, qualificate da pari o persino minore razionalità e plausibilità rispetto a quelle sviluppate dalla sentenza di primo grado, ma deve fondarsi su elementi dotati di effettiva e scardinante efficacia persuasiva, in grado di vanificare ogni ragionevole dubbio immanente nella delineata situazione di conflitto valutativo delle prove. Va ricordato, infatti, che il giudizio di condanna presuppone la certezza processuale della colpevolezza, mentre all'assoluzione deve pervenirsi in tutti quei casi in cui vi sia la semplice "non certezza" - e, dunque, anche il "ragionevole dubbio" sulla colpevolezza.




sabato 21 maggio 2016

Tradimento con addebito automatico salvo prova contraria

Materia complicatissima, infatti anche quando tutto sembra risolto, invece non è mai risolto e questa è l'unica certezza che si può avere. Giuridicamente il giudice decide e quando avviene ci mette un punto sulla vicenda. Senza avere ambizioni di soluzione, facciamo quindi il punto su vicende delicate anzi intime. L’infedeltà legittima l’automatica imputazione di responsabilità a carico del coniuge fedifrago salvo che questi dimostri che la crisi della coppia era già in atto. Come si diceva situazione complicatissima e delicata. Se il coniuge tradito riesce a dimostrare, nella causa di separazione, l’infedeltà dell’altro, il giudice pronuncia automaticamente, a carico di quest’ultimo, la sentenza di condanna con addebito: imputa, cioè, al coniuge fedifrago le responsabilità per la rottura del matrimonio. Ciò comporta, come conseguenza per colui che subisce l’addebito, la perdita:
– del diritto al mantenimento (qualora il “traditore” ne avesse avuto diritto, poiché titolare di un reddito inferiore all’altro)
– dei diritti successori (ossia l’impossibilità ad essere erede dell’altro coniuge qualora questi deceda prima del divorzio).
Il coniuge responsabile del tradimento, tuttavia, può dimostrare, a propria difesa, che l’infedeltà è avvenuta quando già la coppia era in crisi. In pratica deve fornire le prove che la relazione extraconiugale non è stata la causa, ma la conseguenza di una situazione familiare già irreversibilmente compromessa. Si pensi al caso di Tizia che vada via di casa, abbandonando il tetto domestico, e Caio che, in conseguenza di ciò, inizi una relazione con un’altra donna. O all’ipotesi in cui Sempronio usi violenze ripetute nei confronti della moglie e quest’ultima trovi conforto in un altro uomo. È quanto chiarito dal Tribunale di Nuoro, in una recente sentenza, ci sono concetti piuttosto difficili che sembrano facili e per questo in conclusione sconsigliamo decisamente il fai da te in materia. Un avvocato serve ma un buon avvocato in questi casi non solo serve, ma aiuta e spesso è indispensabile. L'idea che una persona possa da sola fornire, o peggio ancora tentare di fabbricare, le prove di una situazione compromessa senza una dotata consulente legale ad avvisarla, ci sembra un azzardo da non rischiare mai.  
L’inosservanza dell’obbligo di fedeltà coniugale è una violazione molto grave e giustifica di suo l’addebito della separazione, in quanto determina l’intollerabilità della prosecuzione della convivenza. Non è così se il coniuge che ha tradito dimostra che l’infedeltà non ha causato la crisi matrimoniale, anteriore alla relazione extraconiugale. Ma per fornire questa dimostrazione non basta che egli si rivolga a uno psicoterapeuta per rimediare alle difficoltà di comunicazione createsi nella coppia. Per il Tribunale ciò non è tale da provare l’esistenza di una crisi irrimediabile e quindi non giustifica il tradimento. Il caso dell’infedeltà coniugale è l’eccezione rispetto alla regola in tema di addebito della separazione. Infatti, in tutte le altre ipotesi, il coniuge che chiede l’addebito deve fornire le prove non solo dell’altrui comportamento colpevole (per es.: il comportamento violento e prevaricatore, l’abbandono del tetto coniugale, ecc.), ma anche del fatto che sia stato proprio questo comportamento a causare l’intollerabilità della convivenza (cosiddetto rapporto di causalità). Invece, nel caso di tradimento, questa seconda prova non è necessaria perché si presume sempre che l’infedeltà sia un comportamento già di per sé intollerabile.

sabato 14 maggio 2016

Fiscal e leasing immobiliare, nuova formula per la casa

E' arrivato il leasing immobiliare per i privati. Fino ad ora il sistema era conosciuto per comprare l'automobile. Adesso, con il recente intervento del governo che ha introdotto ntrodotto i commi 42bis e seguenti nella Legge di Stabilità, si potrà usare  anche per l'acquisto di un appartamento da parte di soggetti privati. La formula prevista è particolarmente disciplinata e si pone a tutti gli effetti come alternativa ad affitto, mutuo e affitto con riscatto. Spieghiamo in due parole il leasing immobiliare: la banca acquista l’immobile ed il cliente ne prende possesso pagando un canone d’affitto (che può essere a tasso fisso o variabile) periodicamente. Fin dall'inizio dell'operazione, poi, viene fissato contrattualmente il prezzo dell’eventuale riscatto: al termine del piano di leasing, la cui durata oscilla tra 12 e 20 anni, il cliente può comprare casa pagando la maxi-rata finale.
Continua a leggere l'articolo a questo link:  http://infogratis-consulenze.blogspot.it/p/blog-page_24.html




domenica 3 aprile 2016

Offendere sul web, ne risponde anche il gestore?

Siamo nella cosidetta era 2.0 ed uno dei temi più roventi ma anche uno dei fatti più ricorrenti, secondo un contorto senso di libertà di espressione, è l'attribuzione della responsabilità dei gestori dei portali internet davanti ai messaggi offensivi pubblicati on line. Il delitto di diffamazione è posto, assieme a quello di ingiuria (rispettivamente artt. 595 e 594 c.p.), a protezione del bene giuridico dell'onore, il quale viene abitualmente scisso nelle due species di onore in senso soggettivo ed onore in senso oggettivo (o reputazione). Mentre il primo è definibile come “l'idea che un soggetto ha di sé”, il secondo – che coincide con la reputazione – altro non è se non il modo in cui la collettività guarda al singolo. Il concetto giuridico amplia fortemente la tutela e, pertanto, la responsabilità dei gestori di tali portali si configura quando i commenti degli utenti assumano contenuti di odio e diventino minacce dirette per l'integrità fisica delle persone e gli stessi gestori non riescano ad adottare misure efficaci per rimuovere tempestivamente e senza preavviso i contenuti chiaramente illegali. Continua a leggere al seguente link:
http://infogratis-consulenze.blogspot.it/p/domande-e-risposte.html
 

giovedì 25 febbraio 2016

Consulenza digitale: la nuova carta d'identità elettronica con le impronte

Il grande fratello incombe sempre di più. In arrivo il nuovo documento per eccellenza che avrà le impronte digitali (solo per i maggiorenni) ed anche la possibilità di indicare la scelta sulla donazione degli organi. Queste le caratteristiche della nuova Carta d'identità elettronica, grande progetto italico atteso da quasi venti anni. E mentre Apple resiste alla richiesta degli sbirri digitali dell' FBI di alterare il software sull’iPhone di un assassino (stragista) in modo che gli investigatori possano fare tentativi illimitati di inserire il codice senza correre il rischio di cancellare i dati contenuti nel dispositivo, da noi il ministero decide di schedare tutti nella carta d'identità.che sbarcherà in Italia a partire dal primo giorno di Marzo. Il ministero dell'Interno ha pubblicato in Gazzetta ufficiale il decreto, di concerto con i ministeri di Pubblica Amministrazione ed Economia, con le regole di emissione della norme previste dal DL Enti Locali. Il supporto fisico dovrà essere realizzato con le tecniche tipiche della produzione di carte valori, integrato con un microprocessore per la memorizzazione delle informazioni necessarie per la verifica dell'identità del titolare, inclusi gli elementi biometrici, nonché per l'autenticazione in rete. 
Il decreto è stato sottoscritto il 23 dicembre 2015. Dopo tanti stop and go sono state quindi messe a punto le procedure per l'implementazione definitiva di un'operazione che era stata ideata nel 1997, aveva registrato varie sperimentazioni e anche il rilascio di alcune carte d'identità elettroniche. Ma il progetto non è decollato e così si è pensato a un documento digitale unico, con l'incorporazione della tessera sanitaria. Poi, però, anche questo si è fermato e il Governo Renzi ha deciso di ripartire con una nuova Carta, stanziando nel dl Enti locali della scorsa estate anche delle risorse ad hoc. 


Per richiedere la nuova carta d’identità elettronica sarà sufficiente recarsi all’Ufficio Anagrafe del proprio Comune o presso il Consolato di riferimento, se si vive all’estero. La carta verrà consegnata in massimo 6 giorni lavorativi. Verranno raccolti tutti i dati necessari esibendo il proprio documento di riconoscimento. Non sarà più necessario portare la propria fototessera, in quanto la foto verrà fatta in quello stesso momento tramite un’apposita applicazione. Il Comune o il Consolato rilasceranno un numero di pratica e la prima parte dei codici PIN e PUK della propria carta d’identità elettronica. Ancora dubbi sul costo effettivo della carta, che dovrebbe aggirarsi attorno ai 15 euro. Ecco l’elenco dei Comuni dove richiedere la carta d’identità elettronica. Entro il 2018 è prevista l’estensione a tutta Italia. A proposito della vicenda tra la schieramento oplitico Apple contro la giustizia frammentata dell' FBI, per onor del vero raccogliamo quanto affermato dal mitico John McAfee: "la richiesta dell'FBI nei confronti di Apple mina le fondamenta stessa della nostra società.
L'agenzia inoltre potrebbe fare da sola, se avesse la lungimiranza di assumere e pagare le persone giuste." Per risolvere la querelle McAfee si propone alla giustizia come collaboratore gratuito, e afferma di poter fare il lavoro in tre settimane. "Mi mangerò una scarpa nel corso del Neil Cavuto Show se non saremo capaci di riuscire a decifrare il telefono della strage si San Bernardino” ha affermato il geniale informatico. Fosse vero le nostre impronte digitali potrebbero finire in mano a qualsiasi "smanettone" con poca fatica, visto che il livello informatico medio italiano non è quello delle grandi società di software USA.
Per fortuna nostra,  però, visto il quadro normativo ed i risultati ottenuti con la prima versione della carta d’identità elettronica si rimane piuttosto sorpresi nel vedere questo nuovo Decreto Ministeriale rilanciare un documento che non vede molte possibilità di successo in considerazione anche della quasi totale inesistenza, all’attualità, di servizi on line da parte degli enti locali.

domenica 21 febbraio 2016

Come pescare soldi nella rete




Appena 1,76 milioni di euro, contro un miliardo di valore del mercato nel mondo. Le piattaforme sono 15, 22 i progetti promossi, ma solo 6 chiusi con successo. Questi sono i numeri italiani del crowdfunding(dall'inglese crowd, folla e funding, finanziamento) o finanziamento collettivo in italiano, dove un gruppo di persone utilizza il proprio denaro in comune per sostenere gli sforzi di persone e organizzazioni. È una pratica di microfinanziamento dal basso che mobilita persone e risorse. Al mondo esistono 4 tipi di Crowdfunding, il più diffuso è il reward-based che si basa su un investimento in soldi a fronte di una ricompensa per chi investe, come ad esempio finanziarie e sostenere un cantante emergente o un gelataio artigianale a produrre la sua opera prima e ricevere in cambio nel primo caso un biglietto in prima fila al suo primo concerto o una fornitura di gelati gratis per 1 mese. E forse non tutti sanno colui che ha portato alla notorietà il crowdfunding oltreoceano è Barack Obama, pagando parte della sua campagna elettorale per la presidenza con i soldi donati dai suoi elettori. Il donation-based è un modello di crowdfunding che si basa invece su una vera e propria donazione in denaro per sostenere la nascita un’attività o anche di un progetto mentre il “social lending” e “peer to peer lending”, sono modelli che si basano su un prestito da parte di soggetti privati, che vengono ricompensati attraverso il pagamento degli interessi sul prestito.
L'Italia è stato il primo paese al mondo a dotarsi di una regolamentazione normativa crowdfunding. Con il Decreto Legge 18 ottobre 2012, n. 179 (convertito con la legge di conversione17 dicembre 2012, n. 221) recante “Ulteriori misure urgenti per la crescita del Paese” (noto anche come “Decreto crescita bis”) agli artt. 25-32. In sintesi il Decreto crescita bis ha disciplinato la «start-up innovativa», introdotto nel Testo Unico della Finanza l'art.50 quinquies «gestione di portali per la raccolta di capitale per le start-up innovative» e l'art.100 ter «offerte attraverso portali per la raccolta di capitali», delegando a Consob la disciplina applicabile alla gestione dei portali ed alle offerte per la raccolta di capitale.  Molti ritengono che il crowdfunding moderno sia una rielaborazione di pratiche storiche risalenti al Settecento e all'Ottocento. Alla fine dell'ottocento la rivita
The World, di proprietà di Joseph Pulitzer, lanciò una raccolta di fondi dal basso per finanziare il piedistallo e l'installazione della Statua della Libertà, dopo che il Comitato preposto era riuscito a raccogliere solo 150.000 dei 300.000 dollari necessari. In cinque mesi raccolse 100mila dollari ed il world ringraziò tutti i 25mila donatori pubblicando i loro nomi.  Questa è l’idea alla base del finanziamento collettivo. La cosa divertente è che chiunque può accedere alla raccolta fondi digitale, per finanziare ogni genere di progetti e senza passare per banche o istituti di credito. Nella maggior parte dei casi il luogo virtuale in cui avviene la raccolta sono piattaforme digitali, grandi siti web che raggruppano centinaia e migliaia di proposte a seconda della tematica. Gli utenti possono leggere in cosa consiste l’idea e decidere di versare una quota e partecipare alla sua realizzazione. Esistono, però, anche campagne “fai da te”, cioè lanciate da un singolo utente o da un gruppo. Il principio guida è quello di fissare una cifra da raccogliere e un tempo limite per farlo. Di norma le piattaforme più diffuse come Kickstarter si comportano secondo la filosofia del tutto –o-niente: in caso di mancato obiettivo a chi si è offerto di mettere i soldi non viene addebitato nulla. Altre piattaforme, invece, accettano anche un finanziamento parziale, che versano al propositore che può decidere se restituirli o farseli bastare. Chi sovvenziona, generalmente riceve in regalo un gadget (dalla maglietta, alla spilla, etc.) in ogni caso per il servizio le piattaforme di crowdfunding trattengono per il loro servizio una percentuale che si aggira intorno al 5%. Il caso Ecco alcuni dei progetti più famosi, tra storie di successo e incredibili flop. 
Coolest Cooler è il progetto che ad oggi ha ricevuto più finanziamenti nella storia della piattaforma di crowdfunding Kickstarter. In Italia, la campagna di crowdfunding che ha raccolto più adesioni è stata quella per la ricostruzione della Città della Scienza, il polo scientifico di Napoli distrutto da un incendio doloso a marzo 2013, che ha raccolto oltre un milione di euro. 
All'opposto, invece, nel giro di appena dieci mesi, il drone Zano è passato da maggior successo a maggior fallimento del crowdfunding in Europa: dalla raccolta di 2,9 milioni di euro alla bancarotta: una piccola azienda gallese chiamata Torquing ha stabilito il record europeo di raccolta fondi su Kickstarter: dodicimila persone hanno pagato 2,3 milioni di sterline (2,9 milioni di euro, al cambio dell’epoca) per finanziare la produzione di un nuovo modello di drone, molto piccolo, dotato di videocamera e pilotabile via smartphone, chiamato Zano . Dieci mesi dopo, a metà novembre, la Torquing ha dichiarato fallimento: gli Zano non hanno mai preso il volo e i soldi non sono stati restituiti agli investitori. Ad onor del vero bisogna sottolineare che il alcune situazioni viene in aiuto anche dei più deboli. Karen Klein, 68enne autista di un pulmino scolastico nella città di Greece, vicino a New York era stata molestata e insultata verbalmente dai giovani passeggeri del mezzo. Il video delle molestie era stata pubblicato online nel luglio 2012, suscitando scalpore e indignazione in Rete. 
È partita allora una raccolta fondi sulla piattaforma statunitense Indiegogo per offrire all’anziana guidatrice una meritata vacanza. Ma la cosa è sfuggita un po’ di mano agli organizzatori, tanto che invece dei 5mila dollari previsti, ne sono stati messi insieme più di 700mila. La signora tuttavia non si è dimostrata avida: ha usato quei soldi non solo per farsi la vacanza dei sogni, ma anche per lanciare una fondazione contro il bullismo. Quanto detto finora dimostra come questo strumento potrebbe realmente rappresentare un’importante ed innovativa opportunità per giovani sconosciuti di realizzare i loro progetti, per garantire loro una maggiore autonomia e indipendenza dai colossi dell’industria meglio sarebbe trovare anche una soluzione fiscale che garantisca eguaglianza e pari trattamento tra le categorie.
L’articolo 793 del codice civile prevede infatti che la donazione possa essere gravata da un onere, “entro i limiti del valore della cosa donata”che il donatario è obbligato ad adempiere. L’onere non deve essere però “tale da snaturare” la donazione stessa e non deve essere considerato come un corrispettivo dell’attribuzione. Il fatto che un utente effettui una donazione per ottenere in cambio una ricompensa come ad esempio un album, una scultura o un ingresso a una performance teatrale assomiglia infatti, più che ad una donazione modale, ad un’azione a prestazioni corrispettive come la compravendita, ma che nei fatti non prevede alcun obbligo fiscale da parte di chi riceve la somma di denaro. Non esisterebbe alcuna differenza, per esempio, tra il musicista che spende il proprio denaro per produrre il proprio album, e che poi vendendolo al pubblico ha l’obbligo di pagare le tasse sui ricavi ottenuti dalle vendite ed il musicista che “regala” il proprio album a coloro che hanno pagato per finanziarlo, che però non deve pagare alcun tipo di tassa sulla somma ricevuta, in quanto donazione.