domenica 18 settembre 2016

Nel cerchio di Pluto



I peccatori di incontinenza del quarto cerchio sono gli avari e i prodighi, condannati a spingere enormi massi, divisi in due schiere che quando si incontrano si ingiuriano rinfacciandosi la colpa contraria: la grandezza del peso che li opprime simboleggia la quantità dei beni terreni che accumularono o sperperarono. 

Dal 2011 ad oggi – spiega la Banca d’Italia – sono stati erogati 114 miliardi di euro in meno alle famiglie. Sempre più italiani si vedono negare un finanziamento anche perché risultano cattivi pagatori. Si tratta, cioè, di tutti quelli che hanno pagato in ritardo, o per niente affatto, le rate di un altro prestito. Un condizione che, in questi anni di crisi, può anche rappresenta “la morte civile” per un imprenditore che non otterrà più altri finanziamenti. 
Ogni volta che si accede al credito al consumo (ma anche quando si fa da garante), si viene censiti nei Sistemi di informazioni creditizie (Sic) che raccolgono i dati su tutti i contratti di prestito che banche e finanziarie stipulano con i clienti. Le più note sono Crif, Experian e Ctc. Il compito è chiaro: valutare il merito creditizio e contenere il rischio – attraverso le segnalazioni che gli stessi istituti inviano ogni mese – di concedere nuovi prestiti a quanti non siano in grado di rimborsarli. In sostanza alla Banca d’Italia è stato affidato il servizio di centralizzazione dei rischi creditizi. Essa obbliga le banche autorizzate in Italia, le succursali delle banche comunitarie stabilite in Italia, le società finanziarie appartenenti a un gruppo bancario e gli intermediari finanziari iscritti nell’apposito elenco speciale a comunicare periodicamente l’esposizione dei propri affidati, nonché i nominativi ad essi collegati. 
Questa doppia segnalazione ha lo scopo di sventare il pericolo derivante dalla prassi del c.d. cumulo di fidi, ossia la situazione in cui un soggetto già sovvenuto da una banca ed inadempiente ai propri impegni si rivolge ad un altro istituto di credito per ottenere un nuovo fido. Dal 2005 a disciplinare l’attività dei Sic c’è un “Codice di deontologia e di buona condotta” che dovrebbe tutelare i diritti di quanti risultano censiti, dal momento che possono sempre rettificare, aggiornare e cancellare le informazioni che si rivelino non correttamente riportate. 

Condizionale d’obbligo, visto che nel corso degli anni sono state molte le battaglie intraprese dalle associazioni dei consumatori e dai singoli cittadini che si sono visti iscrivere erroneamente. Basti pensare che le dispute continuano ad affollare anche le aule dei tribunali. L’ultima sentenza emessa dalla Corte di Cassazione (sentenza n° 18555/2013) pochi mesi fa non fa altro che ribadire il “diritto del cliente a ricevere entro 15 giorni una risposta dalla banca con le informazioni contenute nella segnalazione negativa emessa a suo carico”, così come previsto dal Codice. La dottrina inquadra la tematica dell’erronea segnalazione al CRIF nel più vasto tema del danno da informazioni inesatte, quale confine tra la responsabilità contrattuale e quella aquiliana. In particolare, la giurisprudenza di merito ha rilevato la non sufficienza di un singolo inadempimento del debitore e della mera contestazione di un credito quali presupposti per la segnalazione. L’illegittima segnalazione del sovvenuto alla CRIF integra una violazione della buona fede nell’esecuzione del contratto
Detta violazione comporta un necessario risarcimento del danno in via equitativa purchè si dimostrino le conseguenze dannose nella propria sfera patrimoniale. Infine, questo è quanto affermato dal Tribunale di Torino con la recentissima sentenza n. 3651, emessa in data 20.05.2015: « Se pure è vero che – in linea di principio – l’illegittimità della segnalazione eseguita da una banca di per se costituisce un comportamento pregiudizievole per l’attività economica del soggetto illegittimamente segnalato, in special modo ove eserciti attività d’impresa, nonché lesivo della sua reputazione, poiché il discredito che deriva dalla segnalazione genera una presunzione di scarso affidamento dell’impresa con inevitabile perturbazione dei suoi rapporti economici, facendo apparire rischiosi anche gli affidamenti già concessi (analogamente a quanto avviene nell’ipotesi del tutto analoga di illegittimo protesto di una cambiale), occorre però notare che, nel caso in esame, non vi è prova di esistenza del danno da lesione dell’immagine sociale e professionale della persona segnalata, non avendo l’attore dimostrato l’esistenza dell’asserito pregiudizio sofferto e del nesso causale tra esso e la condotta della banca. Pur potendosi ravvisare la potenziale idoneità dell’erronea segnalazione, l’attore non ha tuttavia assolto l’onere probatorio di concreta ed effettiva esistenza del danno, del suo ammontare e del rapporto di causalità con la condotta…»

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